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Un’esperienza


Riportiamo le parole di Claudio Ferioli, che commenta il suo operato da volontario.

Vi racconto qualcosa della mia esperienza di volontario.
Sono una delle migliaia di persone che periodicamente consegnano un pacco spesa a famiglie bisognose.
L’attività è molto semplice: si tratta di distribuire generi alimentari, raccolti durante l’anno attraverso il Banco Alimentare e tramite il contributo continuo di donatori. Il cibo viene raccolto, organizzato in pacchi spesa e quindi consegnato da noi volontari a delle famiglie bisognose. Nel mio caso, una volta al mese porto questo contributo a tre famiglie segnalate dai servizi sociali.

Faccio questa attività di volontariato da un paio d’anni.
Quando ne parlo, normalmente ricevo complimenti: che bravo! che generoso! Che costanza!
Bé, vi faccio una confidenza. Prendo volentieri gli elogi, ma tra me penso: ma quale bravura o generosità, quel pacco mensile in realtà serve anche a me!

Si, il pacco non è di utilità solo alle famiglie a cui lo consegno, ma serve anche a me.
E’ un fatto oggettivo, anche se non immediatamente comprensibile.

Cerco di spiegarmi.

All’inizio la mia preoccupazione era solo di come consegnare i pacchi più rapidamente e come rispondere senza imbarazzo alle richieste di queste persone, che chiedono di tutto.
Ero cioè attento solo a come svolgere il mio compito nel modo più rapido ed efficiente.

Poi, già dalle prime volte, qualcosa è cambiato. E’ maturata un’affezione verso queste persone. I convenevoli e le risposte di rito, hanno lasciato il posto ad una vera attenzione alle loro domande. Ho iniziato a preoccuparmi per loro, a pregare per il loro destino.

E arriviamo al punto: questa attenzione, questa affezione, mi fa vivere più pienamente, mi fa crescere. Non è facile da tradurre in parole ma, come dire, fa bene a me.

Questa è la mia esperienza, ma è anche quella della maggior parte delle persone che fanno volontariato sociale: tanti scoprono questa crescita della loro personalità.
Si potrebbe dire che la carità fa bene a chi la fa.

Ma perché questo avviene? Perché in un’azione caritatevole, ci guadagna chi la fa?
Qual’è il motivo?

Ho cercato una spiegazione a questa esperienza, ma con difficoltà.
Provate a pensare. Non c’è guadagno economico, questo è ovvio.
Non c’è scambio: le persone che aiutiamo non ci possono ricambiare.
Non c’è un aumento della professionalità: le attività che facciamo sono elementari, cioè consegnare una borsa della spesa, scaricare un furgone, ecc.

Non c’è nemmeno visibilità personale: non andiamo sui giornali né in televisione.
Nulla di tutto questo.

Ma allora, qual’è il motivo della nostra letizia?

L’unica spiegazione ragionevole, l’ho trovata rileggendo un brano della Deus Caritas Est di Benedetto XVI.
Così dice il Papa:

“…solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama. I santi – pensiamo ad esempio alla beata Teresa di Calcutta – hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal loro incontro con il Signore eucaristico e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri…”

Il servizio agli altri mi fa toccare con mano l’amicizia di Cristo, rende più concreta e
profonda la relazione con Lui .
E’ questa la fonte della pienezza e della ricchezza che proviamo.
A pensarci da’ i brividi, ma a viverla rende lieti.

Ferioli Claudio

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